Valore della moneta.

Il valore di ciascuna moneta è quello segnato sulla moneta stessa. È indispensabile nelle economie moderne disporre di mezzi di pagamento nella quantità necessaria a regolare flussi di scambi sempre maggiori. Questo implica per le autorità monetarie la libertà di emettere moneta nella quantità che esse ritengono adeguata ad un buon funzionamento del sistema dei pagamenti.

La moneta non viene emessa a fronte di riserve di oro detenute dalla banca centrale, come avveniva in passato, né quindi può essere ceduta alla banca emittente in cambio di oro o di un altro bene.

La circolazione della moneta e quindi il riconoscimento del suo valore nominale dipendono solo ed esclusivamente dalla fiducia che chi riceve in pagamento una certa quantità di denaro ha di poter cedere a sua volta tale denaro ad altri soggetti in cambio di altri beni e servizi. Questo "meccanismo fiduciario" garantisce che il valore nominale sia anche il valore reale della moneta.

A rafforzare tale meccanismo basato sulla fiducia reciproca intervengono naturalmente tutti i sistemi anti-contraffazione, che offrono ai cittadini una elevata probabilità che al denaro posseduto (e ricevuto da altri) sia riconosciuto il valore nominale riportato su banconote e monete e non il valore intrinseco di biglietti e monete prive di valore legale.

Ma soprattutto il meccanismo fiduciario viene integrato dall'obbligo legale di accettare in pagamento la moneta legale del proprio paese e dalla regola, contenuta nel codice civile, che afferma che una volta effettuato il pagamento l'obbligazione si estingue, liberando per sempre il debitore.

L'uso affidabile e duraturo della moneta come mezzo di compravendita è garantito dunque dal valore stabile della moneta che a sua volta è garantito da una convenzione intrinseca o accordo fiduciario collettivo, regolato e riconosciuto dalla legge, che tutti hanno accettato perché a tutti conviene avere una moneta di scambio, perché essa è non riproducibile cioè falsificabile e perché il valore stesso non è dato a piacimento dal singolo cittadino, ma è dato dal valore stampato sulla moneta: se così non fosse il gioco di scambio tra bene e moneta non funzionerebbe perché, in un continuo gioco al rialzo tra valore nominale della moneta e beni e servizi, si alimenterebbe in brevissimo tempo una svalutazione della moneta ed una conseguente spirale inflazionistica.

In altri termini possiamo dire che una banconota da 20 € vale 20 € perché chiunque, accettandola in pagamento, è sicuro che altre persone, alle quali a sua volta verrà ceduta la banconota, riconosceranno (per volontà propria e perché obbligati dalla legge) che tale banconota vale 20 €.

Potrebbero riconoscere ad essa un valore diverso solo se la banconota fosse falsa (e in questo caso il valore sarebbe vicino allo zero) o se la banconota avesse valore in quanto interessante per i numismatici.

In sintesi, le monete cartacee oggi usate (totalmente svincolate dalle quantità di metalli preziosi) hanno valore in quanto mezzo di pagamento stabile riconosciuto nell'economia di un certo paese:

- la stabilità è garantita dal controllo sull'emissione da parte delle banche centrali (la crescita dell'offerta di moneta deve essere infatti in linea con la crescita dell'economia, altrimenti eventuali eccessi si riproducono nel lungo periodo come inflazione);
- il riconoscimento come mezzo di pagamento è garantito dalla legge;
- infine il potere d'acquisto stabile e giuridicamente riconosciuto della moneta è rilevante solo in quanto può essere rivolto a beni e a prodotti finanziari desiderati, che sono prodotti e offerti dal paese in cui circola quella moneta.

In pratica, nessuno di noi accetterebbe un "pezzo di carta" in cambio di un bene, se quel pezzo di carta non ci consentisse di acquistare altri beni, se esso perdesse il suo valore nell'intervallo di tempo in cui lo deteniamo prima di scambiarlo con un altro bene, se esso attribuisse un potere d'acquisto puramente formale in un'economia di fatto improduttiva e inesistente.

Fatte queste considerazioni guardiamo con senso di obiettività all'€uro. Esso è una moneta comune a tutte le nazioni dell'Unione Europea che però hanno ciascuna un'economia diversa. Come possiamo attribuire all'€uro un valore comune di acquisto in tutta Europa se i beni che andiamo ad acquistare hanno un valore diverso a seconda dell'economia del paese in cui sono prodotti? Inoltre, se questi stessi prodotti si pagano a prezzi diversi in luoghi diversi, anche il valore della moneta non potrà più essere uguale per tutti gli europei.

Infatti un noto economista quale Helmut Kohl al Parlamento europeo nel 1991 disse: "L'Unione politica è la controparte essenziale dell'Unione monetaria". Infatti l'€uro doveva e poteva essere introdotto soltanto dopo che si fosse ottenuta una politica finanziaria comune con una vera e propria banca centrale unica per tutti i paesi aderenti all'€uro. Purtroppo, per la fretta o per coprire interessi altrimenti fallimentari, è avvenuto esattamente l'opposto, con le disastrose consegunze che vediamo oggi.

La perdita della sovranità monetaria dei singoli stati membri ha reso le economie più deboli vulnerabili e soggette alla prepotenza delle economie più forti bloccando lo sviluppo delle prime e rallentando la produttività delle seconde, costrette a rivolgersi verso mercati extra-europei. Il costo del denaro nelle economie in difficoltà è diventato un ostacolo allo sviluppo della produzione mentre nelle economie forti è stato addirittura fonte di guadagno finanziario nonostante il rallentamento della produzione. Ricordiamo la differenza degli interessi (spread) che gli stati più deboli erano costretti a pagare.

Il problema monetario è tutt'ora irrisolto nell'area dell'€uro e, come un male non curato in tempo o curato male, porta il paziente verso la fine. C'è solo da sperare che anche gli stati e le compagnie finanziarie che fino ad oggi hanno tratto vantaggi dalla situazione vedano e capiscano che a lungo termine dovranno pagare anche loro e quindi corrano, in tempo utile per tutti, ai giusti rimedi.
D.B.

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